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- Domande & Risposte "8" -

     - Vorremmo partire in vacanza in montagna, per qualche giorno: ci possono essere problemi, per il piccolo, legati ad altitudine, bassa temperatura o altro? E per l'abbigliamento, come devo regolarmi? E se partissimo in aereo?

     In generale no (quanto meno se il bambino è sano, nel senso di esente da importanti malattie cardio-respiratorie e/o metaboliche*), una volta passate le prime 4-5 settimane di vita (sono quelle legate ai possibili rischi di ipotermia da bassa temperatura esterna, connessi alle ancora scarse capacità di efficiente termoregolazione, che il neonato normale acquisisce nel giro di alcune settimane, appunto): il bimbo nato da pochi giorni, inoltre, deve ancora adattare la sua fisiologia respiratoria al nuovo ambiente (prima del parto lo nutriva e ossigenava la placenta, e l'emoglobina dei suoi globuli rossi -emoglobina fetale, ancora ben rappresentata nel sangue del neonato nel cporso dei suoi primi mesi di vita- era diversa dalla nostra), ragione per la quale è bene non esagerare con l'altitudine nel corso dei primi 1-1,5 mesi (durante i quali consiglierei di limitarVi a 1500-1600 metri al massimo), dopo la quale età diventa però tutto progressivamente molto più facile. Tenendo a mente tali nozioni generali, si dirà quanto segue: sicuramente nessun problema -mai, per nessuno e a nessuna età- sino ai 1500 metri di altitudine, e altrettanto si potrà dire, dopo le prime 6-7 settimane dalla nascita, oltre quell'altezza, sino ai 2000-2100 (si tratta dell'altitudine al di sotto della quale si trovano la pratica quasi totalità delle nostre più note località turistiche montane). Anzi, va detto che i bambini piccoli e grandi, i quali siano affetti da patologie respiratorie ricorrenti e importanti di natura infiammatoria mucosale, è presumibile che trarranno grande giovamento proprio dal temporaneo soggiorno in montagna, ad altitudini intorno ai 2000 metri (valga, per tutti, l'esempio di Misurina, al confine tra Sud Tirolo e Veneto, a breve distanza da Cortina d'Ampezzo, dove vengono mandati a svernare gli allergopatici intrattabili e gli asmatici gravi di tutte le età). Un abbigliamento buono per il freddo moderato sarà necessario anche d'estate (nel corso della quale non è infrequente imbattersi in temperature paragonabili a quelle nostre invernali, al mattino presto e la sera dopo il tramonto). Problemi, in generale, non ce ne sono però neanche per le vacanze sulla neve, in pieno inverno (fate attenzione, però, alle scottature solari, sempre in agguato, da prevenire esattamente come se Vi trovaste al mare, sotto il solleone di luglio): basta attrezzarsi per bene (tenete sempre ben presente quel che vado ripetendo, come un mantra, ad ogni pie' sospinto: i bimbi oltre i 20-45 giorni di vita hanno più problemi con il gran caldo che con il freddo -per il quale ultimo basta coprirli per bene ed evitare situazioni estreme di intuibile natura, per il già citato rischio ipotermia-). Con una avvertenza ulteriore, che devo ribadire: se il Vostro bimbo è molto piccolo, bisogna tener conto del fatto che probabilmente sta ancora adattandosi per bene all'ambiente esterno, e, pertanto, ove dobbiate arrivare ad altitudini poste al di sopra dei 1500 metri (2000-2500 circa), fate in modo che si acclimatino con calma alla nuova situazione, prevedendo delle "tappe di avvicinamento soft" -in auto, ovviamente- alla meta, dove possano temporaneamente soggiornare per 1-2 giorni ogni volta (in questo senso, cercate di evitare escursioni in funivia, tali da sottoporlo a situazioni di stress per variazioni troppo repentine di altitudine). Praticamente nessun problema, invece, superata l'età dei 4-6 mesi, quanto a soggiorni ad altezze "normali"; per i bimbi che siano arrivati all'anno di vita, poi, al di fuori di possibili (e sconsigliabili) situazioni "estreme" (e di quei bambini per il resto apparentemente sani, ma eterozigoti per emoglobinopatie, come la -da noi comune, nello stato di portatore sano- Beta-Talassemia; per gli affetti da anemia falciforme -in genere di origine africana- si veda quanto specifiato al termone del paragrafo*), la loro sensibilità all'altitudine sarà prossima alla nostra di adulti, e si adatteranno altrettando bene rispetto a Voi al soggiorno montano -vale a dire che dove, in rilassata vacanza, starete bene e a Vostro agio Voi, staranno bene e a loro agio anche loro-. A 6-8 anni, infine, potrete "trattarli" esattamente come adulti: eviterete a loro null'altro che gli stessi atteggiamenti imprudenti e nocivi che dovreste evitare a Voi stessi. Nessun problema, infine, legato ai viaggi in aereo, per il bimbo che non presenti significativi fatti infettivi del rino-faringe (o, anche qui, importanti patologia di ordine metabolico o cardio-respiratorio*) e che abbia superato le prime 4-5 settimane di vita (la pressione parziale di ossigeno mantenuta nell'atmosfera "artificiale" a disposizione dei passeggeri è molto simile a quella nostra "naturale" ad un'altitudine di circa 2.000 metri, tipo Misurina, dove la pressione parziale di O2 è di circa 16%, contro il 20% a livello del mare), e l'adattamento pneumatico dell'orecchio medio -in assenza di concomitanti IMPORTANTI fatti flogistici respiratori alti*- alla più bassa pressione d'aria che lo circonda richiede solo pochi minuti per completarsi). Così facendo eviterete al pargolo non solo potenziali rischi gravi per la salute (pure, credetemi, sempre troppo enfatizzati da qualche mio collega solone -e magari pure ben "titolato"-, il quale, affetto da manie di protagonismo degne di miglior causa, ami fare il "terrorista mentale" a tempo perso -atteggiamento a cui troppi noi medici -purtroppo- troppo spesso gratuitamente indulgiamo-), ma anche quei problemi, pur limitati e temporanei, che possano essere connessi ad una esposizione troppo repentina del bambino all'aria più rarefatta della montagna (irritabilità, disturbi del sonno, inappetenza, etc. etc.).

     Un'ulteriore notazione di carattere generale: la loro sensibilità di piccoletti alla temperatura ambientale è del tutto simile alla nostra (fatta eccezione, ribadisco, per le primissime settimane di vita -rischio ipotermia da freddo-, e, di più, per il gran caldo -che soffrono mediamente più di noi-): pertanto, abbigliateli sostanzialmente nello stesso modo in cui abbigliereste Voi stessi nella medesima situazione ambientale (il Vostro benessere corrisponde al loro benessere). In linea generale, non preoccupatevi di manine e piedini un po' freddi: sono solo il segno della loro... gioventù, della loro intrinseca capacità di manifestare vivaci i loro propri riflessi vascolari automatici periferici. Con le mani, massaggiategli braccine e gambette, se Vi piace: a loro piacerà di più...

     *Un'attenzione particolare, naturalmente, va riservata a quei bimbi affetti da patologie particolarmente condizionanti, che qui di seguito cercherò di elencare più nel dettaglio (insieme con le misure da prendere di volta in volta):

     - 1) Soggetti asmatici o diabetici <=> Nessun problema, se si saranno portati dietro i loro abituali presidi e i medicinali atti a superare eventuali emergenze del momento.

     - 2) Lattanti che abbiano una storia di malattia respiratoria neonatale (sovente nati prematuri) <=> Bisogn avere qualche cautela nei primissimi mesi di vita. La persistenza di discreti livelli di emoglobina fetale, in concorso con una più facile tendenza alla vaso e bronco-costrizione polmonare di questi piccoletti in risposta alla leggera ipossia causata dalla riduzione della pressione parziale dell'ossigeno ambientale, consigliano per sicurezza di non spingersi sopra i 1.000 metri di altitudine in montagna e di non prendere l'aereo sino ai 4-6 mesi.

     - 3) Bambini affetti da Fifbrosi Cistica o cardiopatia cianogena non corretta <=> I viaggi in aereo non sono controindicati in assoluto, ma bisognerebbe sincerarsi cpn la Compagnia Aerea prescelta, PRIMA della partenza, se sia disponibile la possibilità di predisporre la ventilazione assistita non invasiva (nella sostanza, se sia possibile utilizzare in emergenza la maschera ad alta pressione parziale di ossigeno, in caso di temuta crisi ipossica). In montagna non superare possibilmente i 2.000 metri, e spingersi sino ai 2.500 solo se possa essere disponibile la possibilità di eventuale ossigenoterapia in urgenza (presidi ospedalieri nelle vicinanze, bombole portatili di ossigeno).

     - 4) Bambini che siano andati incontro a pneumotorace spontaneo <=> Devono essere passati almeno 15 giorni dalla guarigione (anche radiologica) del quadro, prima di spingersi in montagna oltre i 1.000 metri, oppure viaggiare in aereo. Se sia stata praticata pleurodesi, invece, nessun problema.

     - 5) Bambini con malformazione polmonare cistica <=> Non devono viaggiare in aereo e non possono salire oltre i 1.000 metri se non sia stata loro asportata la malformazione (per il rischio -remoto ma esistente- che si verifichi l'eventualità di distensione delle bolle aeree con loro rottura ed embolia vascolare gassosa.

     - 6) Bambini eterozigoti e (sopratutto) omozigoti per anemia falciforme <=> Possono con cautela viaggiare in aereo, e, in montagna, soggiornare tra i 1.500 e i 2.500 metri, purchè mantengano uno stato di iperidratazione (bevano molto) e utilizzino in profilassi antitrombotica, per tutto il periodo, l'Aspirinetta o altro anti-aggergante piastrinico di uso abituale.

     - 7) Bambini con problemi infiammatori in atto a carico dell'orecchio (otiti medie acute, nello specifico) <=> In generale non esistono problemi particolari per i viaggi in aereo -comunque mai per l'acclimatazione graduale in montagna-, salvo quei casi di infezioni importanti con dolore acuto in atto (nel qual caso è consigliabile, onde evitare ulteriori acuzie dolorose da barotrauma, rimandare se possibile la partenza: ove tale rinvio fosse proprio impossibile, chiedete al Vostro pediatra, chè una soluzione d'emergenza, in genere, si trova sempre).

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     - Il pargolo mangia le pappine "fatte in casa" che siamo abituati a preparare per il periodo del divezzo. In viaggio possiamo cambiare per qualche giorno, utilizzando temporaneamente pappe confezionate dall'industria, da comprare, già pronte, in farmacia?

     Certamente sì. Tutti i genitori dei miei pazienti sanno che per il divezzo utilizzo meno alimenti pronti possibile, a motivo del fatto che ho il convincimento radicato essere lo scopo vero dello svezzamento non solo quello di adattare le capacità digestive del piccolo ad alimenti diversi dal latte, bensì, e con maggiore pregnanza, quello di progressivamente abituare il palato dei nostri bambini ad apprezzare il gusto -e il loro intestino a ben digerirli- proprio di quei cibi che mangiamo normalmente noi, i loro genitori, e che poi sono gli stessi cibi che si ritroveranno in casa negli anni successivi alla prima infanzia. Tuttavia, ripeto quel che altrove ho già scritto: qui nessuno vuol essere talebano, fanatico propugnatore di idee da puristi dell'alimentazione cosiddetta "naturale". Pertanto, se reputaste più comodo utilizzare temporaneamente pappe già pronte, anche precotte, per i pochi giorni di un breve viaggio di pochi giorni (o anche, per un viaggio più lungo, durante gli spostamenti tra una meta e l'altra, oppure, ancora, per tutta la durata di un eventuale soggiorno all'estero, in luoghi in cui non foste sicuri di poter reperire con sicurezza i Vostri alimenti freschi abituali), ebbene, Vi dico, fate pure come potete: l'importante è sapere che, al rientro a casa, poi dovete essere pronti a tornare alle vecchie, sane abitudini di prima della partenza. Ove così non fosse, condannereste i palati dei Vostri bambini a sempre voler ricercare -per anni, talora!!!- i piatti sapori standard che l'industria del settore prepara per loro: troppo spesso tra essi sovrapponibili, che siano stati fatti per essere venduti in Germania, o Papuasia, Brasile, Russia, Usa, Kazakistan, Italia, Senegal o Cina. Non si tratta, come potete immaginare, di bontà dei prodotti alimentari in sè (gli alimenti industriali approntati per i bimbi sono in genere di ottima qualità, prodotti a partire da invidiabili e sanissime materie prime, e frutto di asettici e accuratissimi processi produttivi): parliamo qui, prima di tutto, di gusti alimentari, e quelli indotti dall'industria non sono certamente quelli che potete offrire ai Vostri particolari figli lavorando alimenti freschi nelle Vostre particolari cucine. E però... per qualche giorno fate pure tranquillamente come Vi piace, chè non può succedere proprio niente!!!

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     - Sulla spiaggia mio figlio, scavando una buca nella sabbia con le mani, si è punto con un ago di siringa lì abbandonato. Che rischi corre? Devo fare qualcosa?

     In genere non ci si fa nulla, salvo una disinfezione locale della parte. I rischi teorici di contagio sarebbero i seguenti: Infezioni da germi comuni (rischio non più alto di qualunque piccola ferita potenzialmente procurabile con qualunque oggetto tagliente o appuntito: si disinfetta un po' e poi basta), Tetano (spore molto resistenti all'esterno, ma pericolo inesistente perchè, terminato il ciclo delle vaccinazioni del 1° anno -e il bambino in questione, se stava scavando una buca, e sulla spiaggia ci aveva camminato, evidentemente l'anno lo aveva già ampiamente superato-, il "ferito" sarà stato immune dalla malattia), Epatite B (si tratta di un virus relativamente resistente all'esterno, ma di pericoli non ce n'è, esattamente per le ragioni esposte a proposito del tetano), HIV (pericolo estremamente remoto, poichè il virus vivo resiste sugli aghi infetti per non più di un paio d'ore, e per periodo di tempo ancora più breve in condizioni critiche come una spiaggia satura di sale e arroventata dal sole d'estate), Epatite C (pericolo molto remoto, poichè il virus -pure discretamente resistente all'esterno- viene inattivato da una permanenza in ambiente sfavorevole di 1-2 giorni). In pratica, se l'ago ha il sembiante di essere "vecchio", ovvero apprezzabilmente sporco e deteriorato (il che vorrebbe dire avente stazionato all'esterno per diversi giorni, se non settimane o mesi addirittura), non ci si farà assolutamente nulla, mai, se non la disinfezione cutanea precoce di cui sopra. Se avrà l'aspetto di essere nuovo, invece, nel dubbio se possa avere stazionato nel punto in cui è avvenuto il contatto per meno di 1-2 giorni, oppure per un po' più di tale lasso di tempo, l'unica condotta razionale da poter tenere è quella di disinfettare subito, e poi di attendere un paio di mesi almeno prima di effettuare le prime, eventuali, indagini sierologiche per HIV ed HEP-C (quelle pescritte nell'immediato da centri medici di primo intervento hanno praticamente solo valenza medico-legale: servono ad attestare che, al momento della puntura accidentale, il soggetto punto non presentava già fatti infettivi virali, in atto ma evidentemente ancora misconosciuti). Il rischio di contagio, va comunque detto, sarà sempre estremamente remoto (di regola gli esami del sangue si fanno, in casi del genere, più che altro per tenere tranquilli i genitori in ansia): in ogni caso, la sua evidenziazione sierologica richiede per entrambe le malattie alcune settimane di tempo (fare esami del sangue nei primi giorni è da considerare, pertanto, cosa del tutto inutile e fuorviante). Una maggiore evidenza di presumibile necessità di indagini di laboratorio potrebbe essere giustificata dalla circostanza di essere eventualmente informati del fatto che, su quella determinata spiaggia, si è attuata una accurata e profonda pulizia della sabbia la mattina presto dello stesso giorno dell'evento, o, al limite, la notte appena trascorsa, per il tramite di macchine pulisci-sabbia particolarmente efficienti (vale a dire quelle motorizzate, in grado di garantire un filtraggio del materiale per un'altezza di alcuni cm. dalla superficie, non certo essendo all'uopo sufficienti le normali rastrelliere): è chiaro che una simile informativa non potrà che corroborare il sospetto che quel determinato ago, dall'apparenza appunto "nuova", poteva essere stato lì abbandonato solo qualche ora prima, comunque ad un'ora successiva a quella dell'avvenuta pulizia. In tal caso, il rischio di contagio rimarrà sempre molto remoto, ma l'opportunità di analisi di controllo si proporrà comunque come più concretamente "pregnante" rispetto ad altre possibili situazioni.

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     - Il piccolo ha ingoiato un sorso di..., che temo sia velenoso. Che devo fare, per carità? Come contatto un Centro Anti-Veleni?

     Se non trovate nell'immediato il Vostro pediatra, oppure, pur avendolo trovato, non sa risponderVi con certezza rispetto a pericolosità ed eventuali rimedi riguardo ad una qualche sostanza chimica che si sospetti (o si sia certi) ingerita, chiamate senza perdere tempo uno del Centri Anti-Veleni presenti in Italia (ho evidenziato, tra gli altri, quello di Lecce), al quale dovrete riferire in maniera la più calma e la più precisa possibile i seguenti dati: età del bambino, suo peso approssimativo, che cosa pensate o avete visto abbia ingerito, in che quantità approssimativa, quanto tempo prima è successo il fattaccio, come sta al momento della telefonata. Se vi risponderanno di andare subito in P.S., correteci, e, una volta arrivati, riferite ai medici che cosa è successo, cosa Vi hanno detto di fare, qual era il Centro che siete riusciti a contattare.

==>    C E N T R I    A N T I V E L E N I    I N    I T A L I A    <==

  - ANCONA -
lstituto di Medicina Sperimentale e Clinica, Università - Servizio di Farmacologia Clinica e
Tossicologia
Via Ranieri 3, 60129 Ancona. - Tel. 071/2204636-2204659.

  - BOLOGNA -
Ospedale Maggiore - Unità Operativa di Tossicologia
Largo Nigrisoli 2, 40133 Bologna. - Tel. 051/333333.

  - CESENA (Fo) -
Ospedale Maurizio Bufalini - Centro Provinciale Antiveleni
Viale Ghirotti, 286, 47023 Cesena. - Tel. 0547/352612.

  - CHIETI -
Ospedale 5.5. Annunziata - Centro Antiveleni c/o Centro di Rianimazione
Via P.A. Valignani, 66100 Chieti. -Tel. 0871/345362.

  - FIRENZE -
Policlinico di Careggi - Unità Operativa di Tossicologia
Via Morgagni 85, 501 34 Firenze. - Tel. 055/4277238.

  - GENOVA -
Ospedale Regionale San Martino - Centro Antiveleni
Via Benedetto XV 10, 16132 Genova. - Tel. 010/352808.

  - LA SPEZIA -
Ospedale Civile Sant'Andrea. Servizio di Anestesia e Rianimazione - Centro
Antiveleni
Via Vittorio Veneto 197, 19100 La Spezia. - Tel. 0187/533296.

  - LECCE -          <=<==
Presidio Ospedaliero Vito Fazzi. Centro di Rianimazione e Terapia Intensiva - Centro Antiveleni
Via Moscati, 73100 Lecce. - Tel. 0832/665374-351105.          <=<==

  - MESSINA -
Policlinico Gazzi, lst. Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva.
Via Consolare Valerio, 98100 Messina. - Tel. 090/2212825.

  - MILANO -
Ospedale Maggiore Ca' Granda Niguarda - Centro Antiveleni
Piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano. - Tel. 02/66101029.

  - NAPOLI -
Azienda Ospedaliera Cardarelli - Centro di Emergenza Regionale (CER)
Via Cardarelli 9, 80131 Napoli. -Tel. 081/5453333-5451889-7472870.

  - PADOVA -
Dipartimento di Farmacologia dell'Università - Centro Antiveleni
Largo E. Meneghetti 2, 35100 Padova. - Tel. 049/831863.

  - PORDENONE -
Ospedale Civile S. Maria degli Angeli. Centro Rianimazione e Terapie Intensive - Centro
Antiveleni
Via Montereale 24, 33170 Pordenone. - Tel. 0434/399335.

  - ROMA -
Policlinico Agostino Gemelli. Università Cattolica del Sacro Cuore - Centro Antiveleni
L.go Agostino Gemelli 8, 00168 Roma. - Tel. 06/3054343.
Policlinico Umberto I - Centro di Prevenzione, Profilassi, Informazione e Terapia delle
Intossicazioni
ViaIe del Policlinico 155, 00161 Roma. - Tel. 06/490663.

  - TORINO -
Istituto di Anestesia e Rianimazione dell'Università - Centro Antiveleni
Corso Dogliotti, 101 26 Torino. -Tel. 011/6637637.

  - TRIESTE -
Istituto per l'infanzia - Centro Antiveleni
Via dell'Istria 65/1, 34137 Trieste. - Tel. 040/3785373.

 

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.... La vita vince sempre!!!