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- Domande & Risposte "6" -

     - Sono in ritardo con le vaccinazioni: adesso che faccio?

     Nulla di particolare. In realtà, è ammesso un ritardo sino a 5 anni (5 ANNI) dall'inizio del programma vaccinale, prima che sia necessario ripartire da zero. Siccome ritardi del genere sostanzialmente non ne conosco, l'unica accortezza da cercare di seguire è quella, banalissima, di cercare di rimettersi al passo (occorrono pochi mesi, di norma, anche per eventuali ritardi multipli), non dando troppa importanza a presunte (e da troppi asserite) -false- controindicazioni alle vaccinazioni (del tipo di banalissime e lievi, afebbrili o scarsissimamente febbrili, flogosi respiratorie alte).

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     - Mi hanno detto di ritardare il più possibile lo svezzamento, e, in particolare, l'introduzione di derivati del grano contenenti glutine (dal semolino di grano, alla pastina, ai biscotti), per evitare il rischio che il mio piccolo possa diventare celiaco. E' vero? In sostituzione, al limite, posso dare Mais e Tapioca?

     Risponderò in maniera molto diretta, a costo di attirarmi gli strali di qualche "scienziato" di tutto informato: ritardare l'introduzione dei cibi solidi in generale, e del grano in particolare, per cercare di evitare la celiachia è una grossa e grassa scemenza. La malattia celiaca è patologia su base ereditaria (coloro che sono destinati a diventare celiaci fanno parte di due sottoinsiemi genetici della polazione generale, individuati nei profili HLA DQ2 e DQ8). Coloro che svilupperanno (per ragioni che ci sono ancora ignote) la malattia sono ricompresi in uno dei due gruppi suddetti, nella pratica totalità dei casi: svilupperanno -col grano nella dieta- una atrofia dei villi intestinali a livello della mucosa duodenale e una produzione di anticorpi IgA contro alcuni determinanti antigenici della gliadina (Ab anti-glutine deamidato, Ab anti-transglutaminasi, Ab anti-endomisio). Le mie (e non primitivamente "mie", va necessariamente detto) asserzioni si basano sul fatto che da alcuni anni si sanno due cose ben precise: 1) Se il soggetto è destinato a diventare celiaco, sarà tanto più facile che il grano scateni sintomi clinci ben riconoscibili (diarrea e dimagrimento improvvisi, nello specifico) quanto più precocemente, nel corso della prima alimentazione post-lattea, venga introdotto grano nella dieta; 2) Quanto più tempo un soggetto celiaco asintomatico abbia continuato, senza sapere di essere intollerante, ad assumere grano con gli alimenti, tanto più breve sarà la sua sopravvivenza a lungo termine, causa la maggiore probabilità di insorgenza (ormai purtroppo assodata) di gravi malattie dell'età più tarda, come pataologia cardio-vascolare (ipertensione arteriosa grave, ateromasia precoce, infarto del miocardio, ictus cerebrale), onco-ematologica (linfomi a tutti i livelli, neoplasie cerebrali e intestinali), renali (sindrome nefrosica e I.R.). Dal combinato disposto dei due elementi visti poc'anzi, assolutamente non smentibili poichè corroborati da robusta letteratura scientifica qualificata, discende la considerazione doversi ritenere infinitamente preferibile rischiare una importante reazione gastro-intestinale immediata, subito all'inizio del divezzo (reazione che ci metterebbe immediatamente in guardia, inducendoci a ricercarla subito, la celiachia), piuttosto che correre il rischio di procrastinare di molto nel tempo una diagnosi corretta, a causa di una malattia insorta -per introduzione tardiva del glutine- con pochi o nessun sintomo (troppo spesso, ancora oggi, la diagnosi viene posta colpevolmente in età adulta, e questo fa sì che l'aspettativa media finale di vita dei celiaci, nel nostro paese, continui ad essere sensibilmente più bassa di quanto accada nei soggetti affetti dalla stessa malattia, ma che abbiano avuto la ventura di nascere in paesi dimostratisi ampiamente più civili del nostro, quali Scandinavia, Giappone, Finlandia).

     Ciò detto, va anche precisato che ci sono sicuramente condizioni ambientali che accrescono, oppure no, il rischio geneticamente indotto di contrarre effettivamente la malattia, e sono condizioni ancora non ben note (e quindi che, a parità di rischio genetico -anche per quello esiste una "scaletta"-, qualcuno la celiachia ce l'avrà, e qualcun altro no). Si è ipotizzato che i grani duri moderni, molto più ricchi di proteina gliadina rispetto a tanti del passato, accrescendo la "pressione" ambientale sul nostro sistema digestivo, abbiano aumentato il rischio relativo, nelle popolazioni la cui alimentazione si basi sul frumento, di diventare celiaci.

     Riporto di seguito (come agevolmente ricavabile dalle raccomandazioni della A.I.C.) alcune tipologie di cereali e alimenti presenti in commercio che sono vietati ai celiaci (ai quali è invece permesso il consumo di riso e mais, nella sostanza, oltre che di alimenti di nicchia, quali Grano saraceno, Amaranto, Manioca -che è un tubero, per la verità-, Miglio, Quinoa, Sorgo, Teff) perchè contenenti glutine. Oltre a frumento (grano), segale, orzo, avena, vanno vietati al celiaco: BULGUR (BOULGOUR O BURGHUL: è un grano molto cotto in acqua, frantumato dopo essere stato seccato al sole. Molto diffuso in Medio Oriente); CRACKED GRANO (è composto da chicchi di grano frantumati. A differenza del bulgur, che viene prima immerso in acqua, cotto, essiccato e poi frantumato, il cracked grano è frantumato crudo e richiede quindi la cottura); COUSCOUS (Tradizionale piatto arabo, consistente in semola di grano duro mescolata ad acqua e lavorata a mano fino ad ottenere piccolissime sfere, seccate poi al sole e cotte a vapore. Esistono oggi in commercio couscous senza glutine da cereali permessi); FARRO (è un tipo di grano molto popolare nell'antica Roma. Attualmente è molto diffuso sia sotto forma di grani -nei minestroni surgelati, miscelato con legumi secchi per le preparazioni di minestroni, ecc...- oppure sotto forma di farina per la preparazione di paste, dolci, ecc... Esistono alcune varietà di Farro, e una di queste è Tricum Spelta); FRIK (è chiamato Grano Verde Egiziano); GREUNKERN (Oggi viene tradotto come Grano Verde Greco, ma è il grano chiamato Spelta); KAMUT® (Kamut® non è altro che un marchio registrato della società multanazionale americana "Kamut International", il quale designa una varietà di grano duro di antica origine -pare- mesopotamica, e di cui qualche cretino favoleggia origini ricavate da chicchi di grano rimasti a dormire per millenni in alcune antiche tombe egizie); MONOCOCCO (Triticum Monococco, detto anche ENKIR, è una varietà di farro); SEITAN (Derivante dalla lavorazione del normale frumento, il cui glutine, una volta estratto e purificato, viene trasformato in seitan, il quale da secoli costituisce l'alimento base di molta cucina orientale); SPELTA (Triticum Spelta, che, come già visto, è una varietà di farro); TABULE' (Il tabbouleh o tabulè è una pietanza araba e consiste in un’insalata a base di bulgur, con prezzemolo, cipollotti e menta tritati fini e con pomodoro e cetrioli a tocchettini, il tutto condito con succo di limone e olio d’oliva); TRITICALE (Il triticale è un ibrido artificiale tra la segale e il grano tenero o altre varietà del genere Triticum. Creato alla fine del XIX secolo, solo ultimamente coltivato su larga scala. La parola stessa è una fusione delle parole latine Triticum -tritico, frumento- e Secale -segale-).

     In ultimo, un paio di precisazioni: 1) Introdurre tardi i biscotti è comunque buona cosa, perchè i biscotii non si danno MAI prima dell'anno di vita (a prescindere dal problema celiachia), di qualunque cosa siano fatti, e men che meno sciolti nel latte (e, dopo l'anno, biscotti preparati dall'industria appositamente per il piccolo bambino, come quelli della Plasmon e della Mellin, a contenuto di grassi controllato: mai, sino ai 3 anni, i frollini commercializzati per noi adulti, troppo ricchi di burro, olii insalubri come quello di palma, zuccheri); 2) Sarei curioso di apprendere da dove proviene tutta questa diffusa smania per la "crema di mais e tapioca". Lo scopo del divezzo è quello di abituare palato e intestino del piccolo bambino ad assumere, apprezzare e tolllerare quegli alimenti che si trovano a mangiare normalmente i loro genitori, perchè saranno quegli stessi che in futuro troveranno in casa e che, tra qualche mese o anno, mangeranno anche loro. Di grazia: in quante nostre famiglie si consuma regolarmente il mais come alimentazione cerealicola prevalente (noi salentini mangiamo la polenta, più che altro a titolo di curiosità, se ci va bene 2 volte all'anno). Di poi, e ancora di più: quanti dei genitori di questa terra si alimentano correntemente con la manioca (la manioca -da cui si ricava una farina che poi prende il nome, appunto, di "tapioca"- è un tubero, una specie di lunga patata coltivata e consumata nelle regione centrali del Continente Africano, e fa parte dei normali consumi alimentari di quelle popolazioni, non certo delle nostre)? Ritengo proprio nessuno, a parte qualche famiglia di immigrati -d'epoca recente- da quelle terre. Allora, vista la cosa in questa prospettiva, che significato vuole avere dar da mangiare ai nostri bambini farina di mais e tapioca, se non voler sottostare ai desiderata commerciali dell'industria alimentare del settore? Per altro poi ottenendo un altra conseguenza negativa: la pappa di mais e/o tapioca può rappresentare un'ottima "uscita di sicurezza" alimentare per quei bambini (rari, per fortuna, ma ci sono) che siano affetti da poli-intolleranze alimentari severe, e per i quali dovessimo essere costretti in tempi brevi a reperire un qualche tipo di alimento di basso costo e sicuramente digeribile, ma che, altrettanto sicuramente, non abbiano ancora mai assaggiato. Se -io medico- mi ritrovo un bambino di questo tipo, devo poter disporre di qualcosa da dargli da mangiare per la quale io stesso possa essere del tutto certo che non ne ha assunto mai, prima: mais e tapioca, appunto (ma se poi -consigliati dall'amica del cuore o dalla zia "so tutto io"- gliel'avete data già voi, senza dirmelo... Io, allora, che faccio?).

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     - A mia figlia sono venute fuori macchie rosse sulla pelle mentre stava prendendo l'Augmentin (ma potrebbe essere qualunque altro antibiotico, n.d.r.): che devo fare, adesso? In ogni caso ha spesso l'orticaria, e a casa continuano a ripetermi che dovrei farle le "prove allergiche": Lei che ne pensa?

     Nella stragrande maggioranza dei casi la mia risposta sarà: «Continui tranquillamente a prenderlo». Il problema delle reazioni orticariodi è che, nei bambini, si manifestano quasi sempre in corso di patologia infettiva virale, e proprio a causa di questa. Conosco folle di bambini assurdamente etichettati come "allergici agli antibiotici", che poi devi sudare le famose sette camicie per convincere le mamme a dar loro lo sciroppo, quando dovesse servire per qualche altra infezione intercorrente (le statistiche tratte dalla letteratura specializzata indicano che la prevalenza di allergie vere ad antibiotici si riscontrano all'incirca in proporzione di circa 1/50 rispetto al numero dei soggetti che vengono ritenuti "allergici" dai genitori -e non solo, purtroppo-). Bambini che non abbiano mai presentato episodi acuti di orticaria praticamente non ne conosco, e ne conosco un numero discreto che presentano orticaria ad episodi ricorrenti (quasi nessuno, personalmente, affetto da orticaria cronica, quella che può andare avanti indefinitamente anche per anni, e che raramente può anche essere associata ad una qualche forma di malattia autoimmune). Il fatto è che, pure nei migliori centri clinici preposti, si arriva a scovare una causa "esterna" di orticaria (intesa come meccanismo causale e scatenante) solo in una esigua minoranza di casi (3 su 10, tutto ad andar bene, rimanendo gli altri 7 casi del tutto criptici). In quei 3 casi individuati, poi, la parte assoluta del leone la fa la contestuale patologia infettiva intercorrente (andiamo dai virus epaitici, a quello della mononucleosi infettiva, a rhinovisurs, adenovirus, coxackie virus, entero-virus, etc. etc., essendo oltre un centinaio i gruppi virali individuati come potenzialmente responsabili); dopodichè, i nostri bambini possono presentare un episodio di orticaria perchè si sono da poco fatti la doccia (o hanno fatto il bagno al mare), perchè si sono esposti al sole, perchè la maestra li ha interrogati a scuola, perchè hanno le mutande con l'elastico troppo stretto, perchè hanno lo zainetto sulle spalle più pesante del solito, perchè hanno messo l'otturazione ad un dente, perchè -d'inverno- si sono mantenuti in piedi, nell'autobus, afferrando la barra corrimano in metallo troppo fredda, perchè hanno corso ed hanno sudato, perchè -e siamo alle adolescenti- hanno le mestruazioni in corso, perchè nei giorni precedenti è stata fatta una vaccinazione (quelle a base di virus vivi e attenuati danno un leggero, inapparente stato di malattia, e questa può manifestarsi come una orticaria "infettiva"). Come vedete, praticamente per tutto. Come è pure vero che, anche in totale assenza di fatti allergici alimentari, ci sono alcuni alimenti che, mangiati oltre certe quantità, possono provocare orticaria, specie se fa molto caldo, oppure se se ne associano diversi nel corso dello stesso pasto: i bambini con orticaria ricorrente, pertanto, dovrebbero assumere con cautela crostacei e molluschi (ma io direi pesce in generale), frutta secca, alimenti del commercio colorati di giallo o di rosso, lumache, funghi, birra o lievito di birra, formaggi fermentati, fragole e lamponi, cacao, PATATINE FRITTE del commercio (l'alimento di gran lunga più coinvolto nel fenomano). L'allergia ai medicinali in età infantile eiste ma è rara: e però il problema di fondo è che troppo spesso viene interpretata come allergia al farmaco ciò che non lo è quasi mai. E' chiaro che se prendo un antibiotico perchè ho la febbre, nella stragrande maggioranza dei casi l'eventuale reazione orticarioide che dovesse presentarmisi sarà legata all'agente infettivo da cui sono contagiato, non allo sciroppo (anti-infiammatorio o antibiotico che sia) che sto prendendo in qiuel momento. L'allergia al medicinale -se è allergia vera, tecnicamente ipersensibilità di tipo "I", ovvero legata a produzione di IgE specifiche, come è nella gran maggioranza dei casi- normalmente si scatena o subito, entro poche ore dalla prima somministraziione (se il soggetto era già allergico), oppure dopo 6-8 giorni almeno di somministrazione continua (il periodo di tempo minimo a che un soggetto, prima non allergico, possa sensibilizzarsi alla nuova molecola medicinale, o ad uno degli eccipienti presenti nel preparato -l'aroma di lampone del "Panacef" docet-): nella stragrande maggioranza dei casi, invece, le reazioni orticariodi che vediamo intervengono dopo 2-3 giorni dall'inizio della terapia, e, allora, è praticamente sicuro che lo sciroppo non c'entra per nulla. Da tutto quel che prima ho scritto è facile arguire come voler partire subito, nel bambino che ha l'orticaria, con il "fare le prove allergiche" serve in genere assolutamente a molto meno di niente (e, purtroppo, è la cosa che mi sento chiedere più spesso in studio, magari sotto consiglio di qualche "scienziato so tutto io" che ha già chiaro tutto in testa).

     Dopo di che, per completezza, va precisato che il discorso delle allergie e delle intolleranze (vere) ai farmaci è molto lungo e complesso: per i miei lettori dirò che, a parte le reazioni ad eccipienti ed edulcoranti (ripeto l'esempio dell'aroma di lampone del Panacef), nella gran parte dei casi si tratta di ipersensibilità (reazioni quasi sempre solo orticariodi, per fortuna molto raramente di tipo anafilattico) all'Amoxicillina (quella dell Zimox e dell'Augmentin, per intenderci) e ai beta-lattamici chimicamente correlati (è il gruppo conosciuto come, in senso lato, quello delle "penicilline"), allergia che solo rarissimamemnte "crocia" con molecole teoricamente dalla stereo-chimica simile, ma in realtà abbastanza diverse per siti di attacco degli anticorpi IgE (è molto raro che l'allergico all'Amoxicillina reagisca anche a Cefixima -per os- e Cefuroxima -iniettiva-). Le allergie ai Macrolidi (Eritrocina, Klacid, Zitromax, per dire dei più noti) seguono strade del tutto diverse, e non crociano mai con i beta-lattamici (per altro, è da considerare del tutto eccezionale il rischio di reazioni immediate gravi ai macrolidi). Infine, si dirà che tutti i medicinali (non solo gli antibiotici, quindi) possono dare -più raramente rispetto a quelle viste prima- reazioni di ipersensibilità con meccanismi diversi (in questi casi il problema può insorgere anche alla prima somministrazione in assoluto, pure di un medicinale mai prima assunto): molti anti-infiammatori (dall'Aspirina, al Ketoprofene, all'Ibuprofene) possono dare reazioni pseudo-allergiche dose-correlate, legate al loro particolare meccanismo di metabolizzazione epatica (questi soggetti tollerano meglio, in genere, Paracetamolo -Tachipirina-, Morniflumato -Flomax-, Noramidopirina -Novalgina-, Nimesulide -Aulin-; nessun problema, quasi sempre, con il Salicilato di Imidazolo -Selezen-). Tutti i medicinali possono, infine, provocare -rare, per fortuna, pur se non prevedibili- reazioni anche molto gravi (pure qui alla prima somministrazione!) non legate nè a risposte IgE-mediate (quindi non reazioni "allergiche" propriamente dette, come siamo comunemente portati a dire), nè ai loro specifici meccanismi metabolici (quelle appena viste a proposito degli anti-infiammatori): si tratta di reazioni di ipersensibilità cellulo-mediata, così dette di tipo "IV". In tali casi gli organi bersaglio possono essere svariati (epatiti tossiche, pancreatiti, miocarditi, neuriti tossiche, crisi emolitiche, crisi piastrinopeniche, Sindromi cutanee gravissime come la Lyell e la Stevens-Johnson, nefriti tossiche -l'organo bersaglio più critico è purtroppo il rene, con il suo apparato glomerulare-, necrosi tissutali e mucosali a tutti i livelli): si tratta di reazioni, ribadisco, per fortuna molto rare, correlabili a qualunque classe di farmaci, e, purtroppo, non prevedibili: la loro trattazione, comunque, esula dagli scopi di questo lavoro, e, pertanto, mi fermo qui, nella speranza di non dover mai avere ad imbattermi -nell'attività quotidiana con i miei piccoli pazienti- in una cosa del genere). Una sola piccola notazione, però, mi preme farla: i genitori dei miei piccoletti sanno bene che, in genere, preferisco non utilizzare -per trattare la febbre- altro che la banalissima Tachipirina, e mi chiedono "Perchè?", visto che esistono altre molecole aventi fama di maggiore efficacia: ebbene, rispondo che -al di fuori di casi estremi di avvelenamenti da errore di somministrazione con severo sovradosaggio- il Paracetamolo non ha mai dato reazioni gravi come quelle su descritte, nè emorragie gastriche gravi, nè glomerulo-nefriti, e neanche reazioni allergiche importanti (in genere, ci si ferma all'orticaria). Al Paracetamolo si può essere allergici come a qualunque altra sostanza, ma casi di anafilassi da Tachipirina non ne conosco, nè me ne sono mai giunti all'orecchio: perciò, per la febbre e il dolore banale vi dico di usare, se possibile, solo la Tachipirina o qualche altro prodotto pure a base di Paracetamolo (se usati al dosaggio giusto, state tranquilli che a Vostro figlio questi farmaci reazioni gravi non ne produrranno mai).

     In ultimo, esitono delle reazioni orticariodi realmente "allergiche" e pure legate all'alimento, ma allergiche a qualcos'altro che con quell'alimento c'entra davvero poco o niente: a parte il caso dei soggetti sensibilizzati al nickel (i quali possono avere eruzioni cutanee di tipo ortcarioide e/o eczematoso se mangiano cibi cotti in pentole di acciaio inox), è paradigmatico il caso di tutte quelle reazioni crociate che possono aversi tra alcuni pollini o sotanze vegetali diverse (Betulla, Graminacee, Composite -sono le margherite dei campi, in generale-, Parietaria Officinalis e Giudaica, Lattice di gomma), secondo delle reazioni crociate riportate nella tabella scaricabile dalla barra laterale sinistra di queste pagine. E per non dimenticare, infine, le (talora anche molto importanti) reazioni cutanee o/o gastro-intestinali che può scatenare, nei soggetti allergici agli acari della polvere, l'ingestione di lumache di terra, di gamberi (specie se crudi), di pesce infestato da Anisakis (anche cotto: non si tratta di infestazione, ma di vera e propria reazione da ipersensibilità ad antigeni comuni a tutti e quattro gli elementi dianzi detti).

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