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- Domande & Risposte "3" -

     - Devo usare qualche precauzione dopo le sedute vaccinali che faccio in studio dal pediatra o presso l'Ufficio d'Igiene della ASL?

     Assolutamente niente di particolare: il bambino vaccinato non è un malato, motivo per cui può -da subito, ovvero dai 15-60 minuti di osservazione precauzionale dopo l'iniezione- fare TUTTO quel che fa di solito. Può uscire, andare a scuola, andare al mare. Se volete proprio stare tranquilli, tenetelo tranquillo durante le prime 24 ore, controllando la T.C. un paio di volte in questo lasso di tempo. I vaccini ricavati da ingegneria genetica (tra tutti, cito a mo' di esempi quello per il meningococco C, per le epatiti A e B, per lo pneumococco, per l'HIB, etc.) in genere non producono effetti collaterali degni di nota, neanche lievi. Quelli a base di virus uccisi, o di tossine inattivate (difterite, tetano), danno talora irritazione locale e febbre (che può manifestarsi elevata) nel corso delle prime ore (sino a 2-3 giorni) dopo l'iniezione (è quanto può accadere normalmente dopo l'esavalente). Quelli a base di virus vivi e attenuati (morbillo-rosolia-parotite + varicella) possono provocare una specie di malattia attenuata (febbricola, macchie rosse, linfoghiandole periferiche gonfie, articolazioni dolenti) 1-2 settimane dopo la somministrazione: nell'eventualità un tale fatto si verifichi, questo non deve essere considerato un problema, ma, semplicemente, la positiva dimostrazione che il vaccino ha "attecchito". L'unico vaccino potenzialmente pericoloso rimasto in uso è l'antipolio orale tipo Sabin, il quale, a base di virus polio vivo e reso "domestico", vede (nella percentuale di un caso su circa 1.000.000 di vaccinazioni) ri-virare indietro il virus artificialmente reso attenuato, verso la sua forma selvaggia, con potenziale produzione di grave malattia neurologica. Non si usa più, in Italia, da oltre un decennio, sostituito dalla formulazione per iniezione, IPV, a base di virus ucciso: non pericoloso, questo, ma, purtroppo, dagli effetti protettivi non definitivi (al contrario del "vecchio" Sabin, ne sarebbe necessario un richiamo ogni 10 anni circa, per sempre, al fine di non perderne la protezione). Come misure di carattere comune, una crema a base cortisonica, in caso di importanti rossore e infiammazione nel punto di iniezione, qualche dose di Paracetamolo* -come la universalmente nota Tachipirina*- in caso di febbre o irrequietezza importante, sino a risoluzione del quadro. Nel calendario vaccinale della regione Puglia è stata di recente introdotta l'offerta del BEXSERO, il vaccino coniugato contro le infezioni del ceppo B del meningococco. Nella breve esperienza che personalmente (in piena conferma di quanto già ben noto a livello di letteratura) sto facendo, in merito ai suoi effetti collaterali, noto la non rara comparsa di dolore nel punto di iniezione, di irrequietezza e di febbre -anche elevata- nelle 24 ore successive alla somministrazione: anche qui, un po' di crema cortisonica nel punto di iniezione per un paio di giorni, con Tachiprina* estemporaneamente nel pomeriggio del giorno di vaccinazione e la mattina dopo, dovrebbero mandare tutto a posto in breve tempo.

     *Il Paracetamolo, somminiatrato in occasione delle sedute vaccinali -ovvero nelle ore immediatamente successive-, riduce sicuramente frequenza ed entità delle reazioni post-vaccinali in generale, a scapito forse, per altro (sono dati di ricerca di recentissima conferma scientifica), di una lieve riduzione della reattività immunitaria stimolata dal vaccino stesso. La mia personale opinione è che, dovendo scegliere tra il rischio di non far fare al pargolo una vaccinazione importante per paura che si ripeta una reazione un po' più importante -come quella eventualmente verificatasi in occasione della seduta precedente-, e il rischio "alternativo" di una lieve e ipotetica riduzione della reattività immunitaria, valga sicuramente la pena di correre il secondo e proseguire regolarmente, poi, con i previsti programmi vaccinali (e, sia detto per inciso, ottenendo anche che si evitino corse notturne in P.S. al grido di "Madonna Santa, c'ha la febbre altissima e stamattina ha fatto il vaccino: che sta succedendo a mio figlio?"...).

          Per ulteriori precisazioni, vedasi anche : <Mi hanno detto che, dopo la seduta vaccinale, devo tenere il bambino a riposo e cautelato per qualche giorno. E' vero? E perchè?>.

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     - Mio figlio ha molti nei, che stanno anche progressivamente aumentando di numero e dimensioni: devo preoccuparmi? E, comunque, che fare? E l'esposizione al sole?

     E' del tutto normale che i nevi ("nei", come sono comunemente conosciuti) aumentino con l'età, e di dimensioni ("crescono" parallelamente al bambino) e di numero (ne vengono fuori progressivamente, secondo quanto la nostra individuale genetica aveva programmato che avvenisse). L'esposizione solare c'entra poco, con questo. In ogni caso, i genitori stiano pur tranquilli: la degenerazione maligna delle cellule melanocitarie ("melanomi") è un fenomeno praticamente sconosciuto in età pediatrica, sino ai 14 anni (la tipologia di nevi che possono essere associati a degenerazione maligna -anche in organi differenti dalla cute, per il vero- è normalmente confinata ai rari casi di nevi congeniti giganti, presenti alla nascita e normalmente molto appariscenti, essendo estesi a molta parte della superficie corporea dei piccoletti). Nei casi di "normali" nevi isolati (per i quali, va pure precisato, non esiste evidenza che l'esposizione solare possa provocarne una degenerazione maligna, nel bambino come nell'adulto), anche molto numerosi, ci sarà tempo sino all'età adolescenziale per rivolgersi al dermatologo, il quale procederà, se e quando lo riterrà opportuno, alla loro mappatura (ad ogni modo, il Vostro pediatra sarà sempre a disposizione, se ci sarà qualche dubbio da parte Vostra per qualcuno dei suoi nei). Per ciò che concerne i pericoli cancerogeni (e qui si intendono non solo i melanomi) da esposizione solare, questi, nonostante quel che si pensi, sono discretamente bassi nelle nostre popolazioni, intendo dire nei soggetti con fototipo paragonabile al nostro normale qui in Puglia. Si pensa, in generale, che le creme solari ci proteggano efficacemente contro i pericoli di degenerazione, ma ciò risponde al vero solo in minima misura. Il luogo del mondo in cui maggiore è l'incidenza di patologie tumorali cutanee foto-correlate è la Nuova Zelanda: qualcuno dei miei lettori si è mai chiesto perchè? Il cittadino Neozelandese tipo è un discendente di immigrati Britannici (Scozzesi e Irlandesi, prima di tutto), i cui antenati si sono colà insediati solo pochissimi secoli fa. Hanno un fototipo tipicamente molto chiaro, occhi azzurri, capelli biondi o rossi, efelidi e lentiggini, nevi melanocitici numerosi, scarsissima o nulla capacità della cute di abbronzarsi. La loro cute presenta, inoltre, un 40% di mutazioni genetiche (contro l'1%, invece, degli appartenenti alle nostre popolazioni) comportanti molto minore sintesi di una proteina-filtro nota come "filaggrina", la quale pure contribuisce a proteggere la cute dagli effetti dannosi della luce solare (si tratta probabilmente di una mutazione protettiva nei confronti della mancanza cronica di luce solare tipica del nord delle isole britanniche, tant'è vero che i soggetti dalla pelle sottile che hanno quel difetto presentano poi livelli di Vit. D nel sangue superiori di 10% a quello dei "normali"). Nei decenni successivi ai loro insediamenti, quei primi coloni, e sino all'epoca della 2^ Guerra Mondiale, usavano proteggersi dai raggi solari -per la loro pelle, com'è ovvio, deleteri- con il mezzo più efficace allora ed ora conosciuto, ovverosia con... l'ombra: quando costretti a soggiornare al sole, coprivano il corpo con ampi indumenti di cotone bianco (i Tuareg sahariani insegnano, con i loro ampi mantelli di lana bianca) e con appositi ed efficaci ombrellini (notate che l'etimologia della parola "ombrello" è comune a quella di "ombra" -concetto per sua natura correlato a quello di "sole", mica di "pioggia"-). Era l'epoca in cui segno di distinzione signorile era il pallore cutaneo, ricercato dalle classi abbienti perchè messo a paragone con la pelle scura delle classi sociali considerate "inferiori" (spesso rappresentate da indigeni, o da immigrati provenienti da zone più "meridionali" del mondo), ovvero quelle dei contadini e dei pescatori. Poi, però, venne l'urbanizzazione forzata della società industriale: i contadini, trasferitisi dalla campagna alle città, divennero operai delle nuove fabbriche, e, stando a lavorare sempre al chiuso, tornarono ad essere "bianchi". I più ricchi dovevano trovare di nuovo un modo per distinguersi: ecco allora la moda del colore scuro della pella abbronzata (Cocò Chanel, anni '20 del secolo scorso, ne fu l'antesignana), segno, per chi poteva permetterseli, di prolungati soggiorni vacanzieri in località marine o montane. Bisognava inventarsi qualcosa che consentisse ai soggetti con pelle chiara e poco tollerante al sole di potersi comunque esporre a piacimento ai suoi raggi: e l'industria cosmetologica, sempre pronta ai desideri del mercato, s'inventò le prime creme solari. Quelle che, stese, "si vedono" molto (le prime ad essere state commercializzate, e ancora oggi utilizzate quando si abbia bisogno di uno schermo "fisico" veramente totale: sono i prodotti a base di ossido di zinco -i più efficaci in assoluto, ma non riconosciuti dalla F.U., e pertanto don definibili "filtri solari" dall'industria del farmaco- e -oggi più utilizzati- quelli all'ossido di titanio, metallo sempre più micronizzato, nel tentativo di renderlo meno antiestetico) furono le prime ad essere usate, ma risultavano brutte all'aspetto, sulla spiaggia (formano una specie di patina biancastra, che riflette via i raggi ultravioletti -UVA o UVB che siano-, e, in parte, anche quelli infrarossi): pronta, ancora una volta l'industria tirò fuori dal cappello magico i filtri chimici, invisibili e perciò molto più accettati (le creme più moderne, ancora in continua evoluzione: tra le altre cose, sapete che cosa significava, in origine almeno, il numeretto messo dopo il nome della crema? Molto semplicemente, il fattore per il quale si poteva moltiplicare il tempo teorico di possibile esposizione al sole, rispetto al non mettere nulla sulla pelle: una crema a fattore protettivo "10" voleva allora dire che, se io al sole il primo giorno potrei espormi -prima di scottarmi- per 5', proteggendomi con una crema a fattore "10" potrei -teoricamente!!!- permanervi sino a 50'). Dove sta, allora, il problema? Perchè i casi -genericamente intesi- di cancro cutaneo (cheratosi attinica, basaliomi, spinaliomi, melanomi) sono comunque aumentati vertiginosamente nel corso degli ultimi decenni, nonostante tante ottime "creme"? Perchè -e nessuno che lo dica con tutta la chiarezza che sarebbe necessaria- la luce solare diretta comunque "fa male" alla pelle, la quale invecchia, al sole, qualunque crema protettiva ci si voglia mettere sopra (notate che le zone cutanee che si mostrano più precocemente logorate dalle rughe -"photoaging" o "dermatoeliosi" precoce- sono, in genere, quelle che rimangono sempre esposte alla luce, ovvero volto, collo, mani, braccia e, nelle donne, il decolletè). Le creme protettive proteggono, in effetti, la cute (e quella sensibile dei bambini ne ha ancora più bisogno) dagli effetti immediatamente evidenti dei raggi solari (la pelle "soffre" di meno, o, meglio, mette più tempo per dare a vedere di stare cominciando a soffrire): questo ci consente di poter stare in spiaggia, o sui campi innevati, per più tempo rispetto al "senza". Tuttavia, purtroppo, ad esclusione dei filtri fisici totali (classicamente, le creme a base di composti micronizzati di zinco e titanio, quelle dall'aspetto di un bel biancastro lucido, quando applicate), i prodotti a base di filtri chimici non hanno nessun effetto sui danni (invecchiamento e degenerazione cellulare) a lungo termine del sole. Mi metto la crema, non mi scotto e ho poco fastidio, sto al sole molto più tempo, e così... invecchio prima (le fibre elastiche ed il collagene sono le prime strutture cutanee a logorarsi irreversibilmente: poi si potrà metterci l'acido jaluronico, ma è rimedio parziale e solo temporaneo). Per fortuna, in parziale soccorso di noi popolazioni mediterranee viene qualcosa che sta prima, e che è molto più importante ed efficace, di qualunque crema industriale: il nostro costituzionale fototipo, mediamente abbastanza scuro (quello scurissimo di alcune popolazioni asiatiche, e, di più ancora, delle popolazioni originarie dell'Africa Sub-Sahariana, protegge i suoi posessori dalla gran parte dei tumori cutanei, senza bisogno alcuno di creme protettive). Significa che, a noi Salentini, la crema protettiva servirà molto i primi giorni (e ai nostri bimbi, e poi agli adolescenti -un corretto uso di schermi solari durante l'infanzia, specie se ben utilizzati a inizio stagione, sembra essere una buona pratica preventiva per i tumori cutanei tardivi-, per più tempo che a noi adulti), infinitamente di meno ad esposizione solare ormai abbondantemente avviata; ad abbronzatura ottenuta, non ci scotteremo più neanche senza crema, nè avremo particolari fastidi generati dallo stare al sole anche per tempi relativamente prolungati, ma questo non dovrà rappresentare per noi alibi a che si stia sulla spiaggia tutto il tempo che ci pare, e/o sotto il sole a picco di mezzogiorno. La precauzione da prendere per non rovinarci troppo la pelle sarà per noi, pertanto, non tanto -o, quanto meno, non solo- metterci addosso creme su creme per tutta l'estate, quanto... venir via dalla spiaggia un po' prima, evitando possibilmente di soggiornarci nelle ore di massima esposizione: evitando pure, per quanto possibile, la pratica selvaggia, inutile e dannosa, di esporci ore ed ore stesi su stuoie e asciugamani sotto il sole cocente, come fossimo lucertole (e anche quelle, dopo un po', preferiscono rifugiarsi in qualche posticino all'ombra), ungendoci nell'illusione che, così, la nostra pelle ne rimarrà indenne (sappiate che, purtroppo, la "tintarella a costo zero" non l'hanno ancora inventata). Invecchierà uguale, invece, anche se la buona crema che ci saremo preventivamente unti dappertutto non ce ne darà la sensazione immediata. Il messaggio finale da portare a casa è quello della crema protettiva da usare in abbondanza all'inizio della stagione balneare (specie nel bambino piccolo, come si dirà dopo*), poi progressivamente con minore frequenza, e infine, ad abbronzatura raggiunta, di goderVi il sole senza preoccuparVi troppo di creme e simili, optando, semmai, per il tornare al coperto un po' prima di quanto sareste normalmente tentati di fare (e adesso qualche dermatologo che mi avrà letto dirà di me peste e corna sino alla notte dei tempi. Si accomodi pure con me: avanti, tra gli ignoranti, i supponenti e i temerari, c'è sempre tanto, tanto posto libero. Sotto a chi tocca, cè l'imbarazzo della scelta: con me a fare il capofila...). Ultima notazione: godetevi, con le accortezze che ho indicato, tutto il sole dell'estate che vi piaccia, ma, per favore, lasciate perdere le DELETERIE lampade abbronzanti tanto di moda in inverno: la nostra pelle può permettersi, nel corso della vita, un certo carico massimo, cumulativo, di raggi UV, oltre il quale diventano inesorabili i processi di rapido invecchiamento. Bene, quel carico saturiamolo con il sole, non contribuiamo ad esaurire il nostro credito di tolleranza aggiungendoci inutili lampade solari (quelle lasciamole ai paesi dove di sole non ce n'è abbastanza, o ai relativamente rari soggetti i quali -causa malattie particolari come la psoriasi- ne abbiano bisogno per la loro salute -e sempre, anche in questi casi, cercando di tenere protetto il volto dai raggi UV della lampada-). Per altro, le lampade UV contribuiscono pochissimo alla necessaria produzione cutanea di Vitamna D, e producono una "tinatrella" effimera e per quasi nulla protettiva nei confronti del sole vero (ed ecco serviti quei poveri illusi che, credendo a qualche suggerimento cretino o interessato, pensa di potere anticipare l'abbronzatura della stagione balneare e così assicurarsi, prima di esporvisi, dai danni immediati provocati da irraggiamento solare diretto).

     - *Ed ora, alcune piccole notazioni pratiche sull'esposizione dei nostri bambini (e anche nostra personale). 1) Il bimbo sino ai 6 mesi di vita (ha la pelle ancora troppo sottile e delicata) non andrebbe proprio esposto al sole diretto, al mare (è consentita, naturalmente, la passeggiata con la mamma al sole moderato, con esposizione di faccino e braccine, e il resto protetto da vestitini e cappellini leggeri in fibra bianca fitta e ben stirata). 2) Il bimbo dai 6 mesi ai 3 anni può essere portato al mare nelle ore del giorno meno assolate (alle 11:00 dovrebbero essere già al chiuso, e così sino alle 16:00), proteggendolo all'inizio con una crema a fattore protettivo molto elevato (SPF "50+"), unitamente ad indumenti bianchi del tipo visto prima (cotone bianco a trama fitta, ben stirato). Ad abbronzatura ben avviata (dopo la prima settimana di esposizione progressiva) si potrà passare ad una crema a fattore medio (SPF "16-30"), o, se si tratta di soggetti dal fototipo più chiaro, a fattore elevato (SPF "31-50"). 3) Dopo i 3 anni valgono le stesse regole utili per noi: una crema a SPF medio o elevato -a seconda del fototipo rispettivamente più scuro o più chiaro- nel periodo iniziale di -GRADUALE!!!- esposizione al sole; poi, ad abbronzatura acquisita, la crema protettiva, come detto prima, perde molta della sua importanza, e andrebbe progressivamente accompagnata-sostituita dalla buona abitudine di mettersi all'ombra quando necessario (del resto, anche sotto l'ombrellone, per ragioni di diffrazione e diffusione indiretta o riflessa dell'irraggiamento solare, si continua ad abbronzarsi, pur senza il rischio immediato di "abbrustolirsi" -si evita l'effetto "vampa di calore" sul volto del primo pomeriggio: non serve, sbiadisce presto, poi sfarina-). 4) Non utilizzate MAI, sulla cute, prodotti protettivi solari a base di vegetali di qualunque tipo (il "biologico" o "naturale", qui, è da considerare assolutamente deleterio: severe fito-foto-dermatiti sono sempre in agguato). 5) Non usate sulla pelle di bimbi atopici creme protettive basate su filtri chimici della classe dei Benzofenoni: il rischio è quello di incorrere in una dermatite da contatto (DAC) di lunga e laboriosa risoluzione, e che, anche quando risolta, lascerà per molto tempo fastidiose chiazze discromiche (possono durare tutta l'estate, talora per più stagioni balneari di seguito). 6) Al ritorno dal mare la pelle del Vostro bimbo si laverà con acqua dolce e un olio da bagno delicato (NON ALLE ERBE!), e poi si idraterà con una buona crema idratante (chiedete al pediatra sui prodotti da utilizzare: dovrebbe saperVi rispondere meglio della zia o del farmacista).

     - In ultimo, alcune piccole notazioni pratico-teoriche a margine. A) Non date retta alle scritte "Water Resistent" che trovate su molti prodotti solari: la resistenza all'acqua la si ottiene e testa in laboratorio, non in riva al mare (acqua di mare e sole agiscono da fuori, il nostro stesso sudore abbondante lo fa dal di dentro, e alla fine la protezione -qualunque protezione, anche la migliore- se ne va). Dopo il bagno -oppure ogni ora-ora e mezza- la crema va ridata per forza, e va ridata con abbondanza (e, se proprio ci si vuol fidare di quella scritta detta prima, allora usate una crema protettiva a SPF più alto di quel che sarebbe nel caso specifico necessario). B) Dare la crema in abbondanza vuol dire dare una quantità di tubetto della lunghezza di una falange e mezza circa del dito di un adulto su una superficie cutanea equivalente a quella di due volte il palmo di una mano (adulta). C) La cute si tratta TUTTA, mica solo i nei. D) E' importante trattare bene -dal punto di vista della moderata, cauta e progressiva esposizione al sole- la cute del bimbo sino ai 3 anni, a motivo del fatto che si è visto essere questa la fascia di età più a rischio per la degenerazione carcinomatosa su base melanocitaria (melanomi): dopo i 3 anni, la pelle che non sia stata molto esposta sino a quell'età, corre molti meno rischi per il suo stesso futuro. E) La crema protettiva non influisce in misura apprezzabile sulla produzione cutanea di vitamina D, e, pertanto, per una "normale" esposizione al sole non sarà necessario comunque supplementarne la somministrazione orale dalla fine di maggio a Ferragosto (parlo della nostra latitudine, naturalmente, e dei bimbi sopra i 6 mesi, chè quelli sotto non dovrebbero proprio essere esposti al sole). F) Si è già detto della pratica assenza di melanoma maligno nei bambini sino ai 14 anni: tutto vero, con due eccezioni: I) Attenzione ai nevi melanocitici giganti, al cui interno possono insorgere in qualunque momento nuclei di trasformazione maligna, anche molto precocemente; II) Attenzione al nevo di Spitz-Reed "atipico" (si trova, in genere, agli zigomi -il primo- e agli arti -il secondo-), se viene diagnosticato al Vostro bambino: sicuramente benigno, è comunque consigliabile tenerlo sott'occhio da parte del dermatologo in età giovane-adulta (specie se se ne noti una variazione improvvisa di colore o forma). G) La primissima abbronzatura, quella da primi giorni di mare quando, all'ora del thè, ci si presenta come "avvampati" (specie su naso, zigomi, apice delle spalle), NON è abbronzatura, non dura nulla, si sfalderà dopo qualche giorno di desquamazione. Inutile, dannosa, fastidiosa: chi ce lo fa fare? H) Nel periodo a cavallo tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate possono rinvenirsi due fenomeni passeggeri, che tendono in genere a regredire con l'avanzare della stagione estiva: La "Dermatite Papulosa dell'Estate" (una sorta di eruzione papulosa che si può manifestare alle dita delle mani, alle ginocchia, ai gomiti, per trattare la quale si usano creme emollienti e -ammesso che funzionino- prodotti topici a base di cortisonici per applicazione locale) e l'"Eritema Polimorfo Solare" (la cui manifestazione più caratteristica è una specie di innocuo alone rossastro che si presenta al volto, simmetrico, a cavallo degli zigomi: tende a regredire rapidamente e spontaneamente nel corso della stagione calda, a differenza di quanto succede, invece, con il ben più preoccupante e impegnativo "Eritema a Farfalla", tipico del L.E.S., il quale persiste -e anzi si accentua- via via che l'estate va avanti).

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     - Mio figlio ha sulla pelle alcune chiazze di colore diverso dalla cute che le circondano: come devo comportarmi?

     Chiazze e macchie ce ne sono di tutti i tipi, le estensioni e le forme più varie, di colore chiaro o scuro, pelose o glabre. Farò una rapida carrellata su alcune (ce ne sono infinite altre, ma questo non vuole essere un trattato di Dermatologia Pediatrica, ma una umile guida per famiglie) tra quelle più comuni e di scarso significato funzionale. Per alcune di esse, raramente si può trattare di una spia di malattie sistemiche inizialmente nascoste (lasciate al Vostro pediatra, o a chi per lui, di cercare risposte in merito). 1) I nostri bambini possono presentare chiazze ipocromiche (biancastre) variamente estese sulla loro superficie cutanea. A) Una di queste, abbastanza frequente, è il "Nevo Anemico", che si distingue da tutte le altre per alcune caratteristiche tipiche (è in realtà una malformazione vascolare, non una alterazione melanociataria): non si arrossa se sfregata, se esposta alla luce di Wood (il Vostro pediatra ce l'ha in studio) non si accentua e anzi si confonde con la cute circostante, non si scotta al sole, va trattata come tutta l'altra pelle coircostante "normale". B) Diverso è il caso del "Nevo Depigmentoso" (molto simile morfologicamente al precedente, ma, legato a difetto melanocitario, si "illumina" all'ultravioletto, si arrossa allo sfregamento e anche al sole, ragione per cui va protetto con una protezione moto elevata o fisica totale). Invece che in chiazze, può presentarsi in formazioni lineari (specie di strisce, conosciute come "linee di Blaschko", aspetto più frequente nella forma nota come "Ipomelanosi di Ito"). C) Ancora diverso il caso delle macchie a "foglia di frassino" (stondate da una parte, appuntite dal lato opposto), che, sostanzialmente tranquille quando sono isolate, devono destare preoccupazione se compaiono in numero multiplo (possono essere segno di una facomatosi-genodermatosi come la "sclerosi tuberosa"). D) La vitiligine, spesso associata ad altre malattie di tipo in senso lato autoimmunitario (alopecia areata, diabete tipo 1, malattia celiaca, alterazioni tiroidee, etc.) è inconfondibile, e le sue chiazze (dai margini netti e ben individuabili) si illuminano con la Wood e si scottano al sole. E) La "Pytiriasis Alba" è l'esito post-infiammatorio di una dermatite atopica (eczema costituzionale), si vede di più in estate a pelle abbronzata, è rappresentata da chiazze di profilo irregolare e margini sfumati e mal distinguibili, spesso incostanti per sede e morfologia (le sento regolarmente scambiare per "micosi", con le quali, però, non c'entrano assolutamente nulla). 2) Diverso è il caso delle chiazze scure, per le quali citerò solo: A) Nevo Peloso (chiazza più o meno ampia, più spesso localizzata al dorso, di colorito più o meno normale, la cui sola differenza evidente rispetto alla pelle circostante è quella di essere coperta da peli lunghi e fitti, in genere piuttosto spessi). B) "Macchie Caffè-Latte" (Spot Cal), dai margini netti e tondeggianti: di nessun significato quando sono uniche o, pure multiple, raggruppate nella stessa zona cutanea, vanno guardate con attenzione quando siano multiple (in zone cutanee diverse) e superiori a determinate dimensioni (si tratta di macchie presenti alla nascita che, per essere significative, devono essere in numero di 6 o più, con diametro > 5 mm in età pre-pubere, > 15 mm in età post-pubere -ancora più "pericolose" se accompagnate da una specie di lentigginosi ascellare e/o inguinale-). Nella situazione più "negativa" possono essere indice di una malattia ereditaria (autosomica dominante a vario grado di espressività clinica), una facomatosi nota come "Neurofibromatosi di tipo 1" o "Malattia di Von Recklinghausen". Il genitore affetto ha 1 probabilità su 12 di avere un figlio affetto dalla malattia, in una forma dalla grave rilevanza clinica (da cui l'importanza della consulenza genetica).

     Per finire, quindi, se notate sulla pelle del Vostro bambino chiazze chiare o scure che non vi convincono, chiedete al Vostro pediatra: cercherà di risponderVi, o di indirizzarVi, se del caso, a chi potrà risponderVi meglio di lui.

 

 

 

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.... La vita vince sempre!!!